Luiss
Libera Università Internazionale degli Studi Sociali
Guido Carli
2. Tipi di
pubblicità in Internet
II.
REGOLAMENTAZIONE DELLA PUBBLICITA’ IN INTERNET
3. L’ufficio
pubblicità ingannevole
4.
Applicabilità del d.lgs. 74/92
III.
INIZIATIVE EUROPEE ED INTERNAZIONALI
2. Gli Stati
Uniti e le differenze
1. Un codice
di autodisciplina
La pubblicità sulla rete Internet costituisce, già da qualche tempo, una realtà che prelude a sviluppi di gran portata in un futuro che è ormai prossimo.
La trasmissione di messaggi pubblicitari nelle reti telematiche si è sviluppata autonomamente ma parallelamente al cosiddetto commercio elettronico; quest’ultimo si sostanzia nella compravendita a distanza di beni e servizi.
La presenza di tali fenomeni commerciali, riscontrabile da chiunque si connetta con la rete Internet, appare particolarmente evidente per i mercati nordamericani ed asiatici mentre in Europa il loro sviluppo procede ad un ritmo meno sostenuto, benché crescente ([1]).
Essere presenti in un mercato
facilmente raggiungibile su scala globale rappresenta, allo stato attuale,
quasi un imperativo non soltanto per le grandi aziende, ma anche per quelle
piccole e medie imprese che mirano al superamento degli angusti confini locali;
l’espansione dei propri mercati a costi contenuti, infatti, è oggi reso
possibile dalla multimedialità telematica ([2]).
Attraverso
la rete Internet, le aziende possono esporre nella vetrina elettronica i loro
prodotti, indicandone anche le caratteristiche ed il
prezzo, e provvedendo, altresì, all'informazione ed all’assistenza della
propria clientela in ogni parte del mondo.
Mediante posta elettronica, possono colloquiare con i loro clienti e con i loro fornitori, scambiare opinioni, acquisire elementi utili in merito alle domande e agli orientamenti dei consumatori e del mercato in genere.
I consumatori, dal canto loro, hanno la possibilità di visionare (sullo schermo) e di scegliere la merce, ordinandola in pochi secondi e versando il corrispettivo nelle modalità di volta in volta indicate.
Il pagamento delle merci per via telematica viene effettuato per lo più attraverso carte di credito, ovvero pagamento in contrassegno e, per i quantitativi di maggiore consistenza e valore economico, bonifico bancario; nulla vieta, in tale ultimo caso, di effettuare il pagamento anche attraverso gli altri sistemi in uso nella prassi commerciale internazionale.
Il panorama delle modalità di trasmissione della pubblicità in Internet è, oggi, estremamente vario.
La tecnica pubblicitaria principale e più facilmente riconoscibile è quella della creazione di una home-page nella quale vengono inserite tutte le informazioni utili per la commercializzazione del prodotto.
La creazione di home-pages è diventata, con l’espansione delle attività commerciali in Internet, un vero e proprio business; negli ultimi anni, infatti, sono sorte moltissime società che si occupano della loro redazione ed, inoltre, si è avuta la moltiplicazione esponenziale dei programmi per creare pagine in Internet.
La Rete, tuttavia, essendo un agglomerato disordinato di informazioni, presuppone che si conosca l’esatto indirizzo della home-page che interessa; sono sorte, dunque, nuove forme di pubblicità peculiari ad Internet.
Una di queste è il cosiddetto banner ([3]): esso è una finestra che, presente nelle pagine più frequentate, permette al soggetto di giungere direttamente alla home-page cui si riferisce cliccandoci sopra con il mouse ([4]).
Ad esempio, per pubblicizzare un sito ([5]) che contiene articoli immobiliari viene introdotto un banner in un motore di ricerca specializzato in questo settore, oppure, per pubblicizzare un sito che promuove il commercio di articoli per automobili, viene introdotto un banner nella home-page di una famosa rivista automobilistica.
I banners sono spesso venduti alle imprese per un numero determinato di contatti e restano visibili sino a quando viene raggiunto il numero di potenziali consumatori pattuito.
Un’altra tecnica pubblicitaria molto utilizzata è l’invio di posta elettronica (E-mail): l’operatore invia un messaggio contenente le informazioni sui beni o servizi che vuole commercializzare ai soggetti che crede possano essere interessati a comprarli.
Con questo strumento il soggetto che riceve l’e-mail non ha richiesto informazioni su quel determinato prodotto, per tale motivo si dice che la persona riceve passivamente il messaggio pubblicitario.
Un altro metodo utilizzato consiste nell’inserire la pubblicità in un Forum di discussione ([6]). L’inserzionista si pubblicizza inviando un messaggio pubblicitario nel gruppo di discussione da lui prescelto; altre volte partecipa attivamente e direttamente al Forum attraverso l’invio di risposte alle domande fatte dai partecipanti aggiungendoci il messaggio pubblicitario.
Internet costituisce un formidabile strumento per la libera diffusione delle informazioni in tutto il pianeta: esse possono essere di carattere commerciale o non, possono essere immesse da un soggetto privato o da associazioni non-profit, da Pubbliche Amministrazioni o da Enti governativi statali.
Coprendo Internet vaste aree culturali e campi dell'agire sociale, è evidente come la problematica relativa alla regolamentazione dei contenuti della comunicazione ed informazione interattiva possa essere affrontata secondo diverse prospettive, e come la medesima possa articolarsi secondo differenti regimi giuridici e diversificati sistemi di controllo sia a livello statuale che internazionale.
Nella comunicazione attuata per mezzo di sistemi telematici, l'informazione, intesa come scambio interattivo e multimediale di dati per immagini tra soggetti interconnessi, deve essere garantita al pari di qualsiasi altra libertà fondamentale.
Si richiede, pertanto, il rispetto delle leggi preesistenti, all'interno di ogni singolo Stato, per materia penale e civile, tenendo conto in ogni caso della peculiarità dei mezzi di comunicazione informatici e telematici e delle caratteristiche dei sistemi di controllo dei dati diffusi ([7]).
Vi è, da un lato, l'esigenza di tutelare la libertà di comunicazione di ciascun soggetto che si collega in rete, assicurandogli la massima libertà di utilizzo del mezzo, nonché la difesa della sua privacy; dall'altro, invece, esiste la necessità di assicurare all'utente un certo standard qualitativo dell'informazione immessa in rete, compresa quella commerciale.
Per la diffusione in Internet di messaggi pubblicitari, emerge la problematica relativa alla veridicità e correttezza delle informazioni commerciali divulgate, sia sotto il profilo della tutela del consumatore, che sotto quello della tutela del concorrente.
Sebbene si riscontri una certa inadeguatezza culturale del pensiero giuridico tradizionale nella elaborazione di soluzioni che siano nuove al pari delle nuove esigenze, si ritiene pacifica l'applicabilità delle norme statuali esistenti, quali il diritto d’autore e il diritto alla privacy, all’ambiente del cyberspazio.
Per dare una definizione corretta di pubblicità ingannevole, è necessario analizzare il decreto legislativo 74/92.
Esso, all’art. 2, lett. a), dispone che per “pubblicità” si intende qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi, oppure la prestazione di opere o di servizi.
Come si vede, questa definizione è di ampio respiro ed esprime l’intento del legislatore di non lasciare senza una adeguata tutela alcune forme di pubblicità che sarebbero potute sfuggire ad una determinazione della fattispecie più analitica, precisa e puntuale.
Lo stesso decreto legge 74/92 inoltre, all’art. 2, lett b), dispone che per pubblicità ingannevole si intende qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che possa raggiungere e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico, ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente.
In altre parole, è ingannevole ogni comunicazione che, direttamente o indirettamente, crea nei consumatori un’idea errata sul prodotto o sul servizio; è altresì ingannevole la pubblicità che lede o sia potenzialmente lesiva degli interessi di un concorrente.
Incorriamo in una pubblicità ingannevole quando riceviamo delle informazioni le quali potrebbero condizionare le nostre scelte; potremmo decidere, infatti, di acquistare un prodotto convinti di trovarvi delle caratteristiche che invece non possiede.
Le imprese produttrici di beni o servizi, concorrenti di quello pubblicizzato in modo ingannevole, ed i consumatori sono i soggetti che sono lesi nei propri interessi.
Non è necessario che il messaggio abbia effettivamente e concretamente prodotto un danno per essere qualificato come ingannevole; è sufficiente che le informazioni inesatte o non complete siano potenzialmente in grado di alterare le decisioni del consumatore.
Tra i requisiti di liceità della pubblicità richiesti dal decreto legislativo 74/92, c’è anche la trasparenza della stessa.
L’art. 4, al punto 1, infatti, dispone che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale: in particolare, la pubblicità a mezzo di stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione.
La pubblicità che non ha queste caratteristiche non è trasparente e, quindi, ingannevole perché il soggetto, non sapendo di assistere ad un messaggio pubblicitario, può essere indotto in errore.
Va ricordato, inoltre, che al di là delle condizioni specifiche richieste dalla normativa, lo stesso decreto legislativo, all’art. 1, secondo comma, dispone che la pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta: questa disposizione è alla base della disciplina perché si pone come regola generale, e quindi applicabile ad ogni pubblicità.
Dal 1992 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è l'organo incaricato dell'applicazione del decreto 74/92 il quale, dando attuazione ad una direttiva della comunità europea, ha introdotto anche in Italia una disciplina in materia di pubblicità ingannevole.
Come visto supra, si ritiene ingannevole qualsiasi pubblicità che, in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore, o possa indurre in errore le persone fisiche alle quali è coinvolta, o che abbia la capacità di pregiudicare il comportamento economico di questi soggetti, oppure possa ledere un concorrente.
La nozione di pubblicità ingannevole è molto ampia e si estende fino a comprendere la stessa confezione dei prodotti.
Una
particolare attenzione viene posta ai messaggi
pubblicitari che riguardano prodotti che possono mettere in pericolo la salute
dei consumatori e che possa raggiungere bambini o adolescenti.
L'Autorità non può agire d'ufficio, Essa si attiva solo a seguito di una denuncia, che può essere effettuata:
§ dai singoli consumatori;
§ da una associazione dei
consumatori;
§ da concorrenti delle imprese
che divulgano i messaggi presunti ingannevoli;
§ da ogni Pubblica
Amministrazione che ne ha l'interesse, in relazione ai propri fini
istituzionali, anche su denuncia del pubblico.
L'ufficio pubblicità ingannevole intrattiene rapporti con altre amministrazioni pubbliche: collabora, in particolare, secondo quanto stabilito dalla legge, con il Garante per la radiodiffusione e l'editoria il quale, al termine dell'istruttoria svolta dall'Autorità, esprime il proprio parere sull'ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi a mezzo stampa e radiotelevisione.
Infine, secondo quanto stabilito dall'articolo 12 della legge 26 ottobre 1995, numero 447, all'ufficio pubblicità ingannevole competono la vigilanza e le sanzioni sulle sigle e i messaggi pubblicitari trasmessi per radio o televisione con potenza sonora ([8]).
Esaminata per sommi capi la disciplina sulla pubblicità ingannevole che è prevista dal decreto legislativo 74/92, occorre ora chiedersi se questa sia applicabile alla pubblicità su Internet.
Bisogna puntualizzare, innanzitutto, che la pubblicità diffusa in rete deve ritenersi soggetta alle norme sulla pubblicità in generale: queste, infatti, mirano alla tutela degli interessi protetti dall’ordinamento e prescindono dal mezzo utilizzato per la diffusione del messaggio ([9]).
Il problema della loro applicabilità in concreto, tuttavia, sorge perché la pubblicità su Internet è caratterizzata da aspetti che non sono facilmente conciliabili con tale disciplina.
In primo luogo, Internet è un ambiente ([10]) immenso, ingovernabile ([11]): può accadere, quindi, anzi accade continuamente, che il materiale pubblicato sulla rete, dunque anche la pubblicità, sfugga ad una qualsiasi forma di controllo.
Altro e ben più problematico problema è il carattere internazionale di Internet: da ciò deriva che gli interessi di un consumatore italiano possono essere lesi dalla pubblicità di un operatore commerciale straniero e, allo stesso modo, gli interessi di un’impresa possono essere lesi dalle pubblicità denigrative di imprese straniere.
Tale situazione è aggravata dal fatto che i messaggi, e tutto il materiale presente on-line, tende a delocalizzarsi; infatti, quasi la totalità delle volte, l’utente ignora dove esso sia materialmente collocato ([12]).
Nell'ambito del diritto interno, non vi è nessun ostacolo per ritenere che l'Autorità giurisdizionale ordinaria italiana e l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato siano competenti a conoscere della pubblicità immessa in rete, non essendo prevista, dal decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, alcuna limitazione di competenza relativamente al mezzo di diffusione dei messaggi pubblicitari ([13]).
Ciò vale in linea di principio nel caso di pubblicità diffusa da un'impresa utente di pubblicità italiana, attraverso il server di un provider ([14]) italiano.
Ipotesi diversa è quella della pubblicità ricevuta in Italia, ma inviata da utenti e/o providers stranieri:
in questo caso,
coerentemente con l'orientamento adottato in sede comunitaria in materia di
diritto d'autore e diritti connessi per le trasmissioni satellitari e cable ([15]), la legge applicabile sembra
essere, ad una prima analisi, quella del Paese da cui il messaggio
pubblicitario proviene.
A riguardo, occorre osservare che l’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218, rinviando alla Convenzione di Bruxelles ([16]), consente di convenire in Italia lo straniero nell’ipotesi in cui l’obbligazione contrattuale sia sorta nel territorio italiano.
In realtà, questa norma, avendo ad oggetto esclusivamente le ipotesi di obbligazioni contrattuali, risulta sostanzialmente applicabile solo nei casi di illecito concorrenziale ex art. 2598 del codice civile, per il quale è competente il giudice ordinario.
La disposizione in questione, dunque, non risolve il più generale problema dell’applicabilità della normativa in materia di pubblicità ingannevole ed, in particolare, delle competenze giurisdizionali e amministrative dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
D’altra parte, il decreto legislativo 74/92 non dispone alcunché a riguardo della competenza giurisdizionale sui rapporti tra soggetti di nazionalità diversa.
L’orientamento dell’Authority sembra essere quello di ritenere applicabile la normativa italiana, dunque, anche il D.Lgs. 74/92, ogni qualvolta il messaggio promozionale, seppur trasmesso da un server ([17]) straniero, sia divulgato fattivamente in Italia, e sia tale da indurre in errore i consumatori italiani, alterandone le scelte economiche.
Pertanto, la diffusione del messaggio nel territorio italiano ed il pregiudizio economico, inteso come alterazione concreta delle scelte dei consumatori, rimangono i requisiti di base in ragione dei quali l’Autorità potrà deliberare l’ingannevolezza di un messaggio pubblicitario anche se trasmesso via Internet da un Paese straniero.
A questo riguardo, merita di essere ricordata una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ([18]) dalla quale, trattando del problema della pubblicità transfrontaliera, trasmessa però a mezzo radiotelevisione, emerge come l’indirizzo comunitario sia volto essenzialmente al riconoscimento di competenze del giudice ordinario nazionale con alcuni limiti.
In attesa di uno specifico intervento normativo chiarificatore, dunque, appare corretto l’orientamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Nell’ipotesi di messaggi generati in Italia e fruiti all’estero invece, è legittimo dubitare della competenza dell’Autorità Garante a conoscere della pretesa ingannevolezza, dal momento che comporterebbe una efficacia extraterritoriale di provvedimenti amministrativi.
Oltre al problema dei criteri di individuazione
della legge applicabile, sorgono ulteriori questioni legate ad aspetti più
particolari del diritto della pubblicità: l'ideazione pubblicitaria in Internet, ad esempio, potrà essere
considerata, a seconda dell'adozione di una delle differenti normative, un bene
giuridico degno di tutela statuale oppure, ove si adottasse la prospettiva di
quella legislazione nazionale che non eleva a bene giuridico l'ideazione
creativa, potrà rivelarsi sprovvista di tutela.
In
Italia è prevalente l'orientamento che vuole sprovvista di tutela statuale, non anche autodisciplinare, l'ideazione
pubblicitaria in sé stessa.
La
giurisprudenza, infatti, ritenendo tassativo l'elenco delle opere dell'ingegno,
non estende alla categoria la normativa sul diritto d'autore di cui alla l.n. 633/1941 ([19]).
L'opera
multimediale costituisce un assemblaggio di opere che rientrano in diverse
categorie delle opere tutelate dal diritto d'autore, in
quanto prodotti dell'ingegno.
L'opera
multimediale, infatti, è rappresentata dall'insieme di testi, immagini
grafiche, software, video, film, musica e fotografia.
La connotazione tipica di queste opere, consistente nella multimedialità, porta a ridefinire giuridicamente la categoria per determinare la tutela specifica accordabile alle opere multimediali.
La
pubblicità in Internet appartiene senza dubbio alla categoria delle opere
multimediali; tale prodotto comporta una particolare elaborazione creativa,
oltre a notevoli investimenti produttivi.
Altra
problematica è legata alla dematerializzazione
dell'opera multimediale, che essendo slegata dal media sul quale è
fissata, permette una sua riproduzione in copie identiche all'originale,
scavalcando in questo modo tutte le normative sul copyright.
Problemi
sorgono anche per l'identificazione della legge applicabile al caso concreto in
materia di pubblicità comparativa, laddove è necessario tenere distinti i Paesi
dell'Europa continentale, nei quali la pubblicità
comparativa è vietata, ed i Paesi Anglosassoni ove invece è permessa.
Altra questione è poi quella della liceità all'interno dei Paesi di Common-Law di quelle forme di pubblicità, altrove vietate, come il cosiddetto puffing: pubblicità che esalta le qualità dei prodotti, anche affermando il falso, privilegiando l'impatto emozionale sul pubblico.
Le
Comunità Europee intendono scavalcare le difficoltà che si presentano in
considerazione della globalità del fenomeno e della inadeguatezza
della frammentarietà dei controlli, attraverso la cooperazione tra gli Stati
Membri, ed in particolare nelle frequenti ipotesi di violazione della legge
penale, raccomandando ai singoli Paesi di inasprire le pene e di intensificare
i controlli.
Contributi interessanti delle Comunità Europee si pongono il fine di risolvere le problematiche che scaturiscono dalla pubblicità su Internet: la Commissione, nel più generale contesto delle politiche predisposte per la Società dell’informazione, ha formulato, sin dal marzo 1995, la politica normativa che seguirà in materia di servizi interattivi.
Le politiche si innestano nel quadro delle decisioni adottate in altre sedi, ed in particolare in seguito al Rapporto Bangemann: esso sottolinea l’importanza dell’assunzione di un approccio normativo unitario e non frammentato, dotato di una certa coerenza ed elasticità capace di adattarsi alle esigenze di una società in evoluzione ([20]).
A queste politiche, ha fatto seguito l’adozione di tre Libri verdi: il Libro verde su “Il diritto d’autore ed i diritti connessi nella Società dell’informazione”, il Libro verde su “La tutela giuridica dei segnali criptati” e quello concernente “La tutela giuridica delle comunicazioni commerciali nel mercato interno” ([21]).
L’approccio normativo che la Commissione intende seguire relativamente ai servizi interattivi mira, in sostanza, a rispondere a finalità di chiarezza, certezza e coerenza giuridica.
In sede comunitaria è stata anche prospettata l’istituzione di un’Authority sovranazionale, pur nel rispetto della sussidiarietà degli organi dei singoli Stati Membri.
L’ALCEI ([22]), però, solleva notevoli perplessità circa l’istituzione di un nuovo garante per Internet: tale figura comporterebbe un carico di lavoro insostenibile ed una ennesima forma di burocratizzazione dei controlli.
Alcuni, conformandosi parzialmente alla posizione dell’ALCEI, sostengono che l’affidamento a soggetti sovranazionali della regolamentazione di Internet appare accettabile solo sul piano della regolamentazione del mezzo, ma non anche del controllo sul contenuto di ciò che è immesso nella rete.
Diverse sono le prospettive normative realizzate in Europa e negli Stati Uniti per la regolamentazione della rete.
Negli USA è stata realizzata una radicale riforma della normativa in materia: essa incoraggia gli investimenti privati nella gestione delle reti, promuove e protegge la concorrenza, fornisce il libero accesso agli utenti finali e ai fornitori di servizi, conserva la globalizzazione e la flessibilità del mercato delle telecomunicazioni, evitando la sua implementazione attraverso massicci interventi regolativi ([23]).
In Europa, viceversa, le politiche comunitarie per i servizi in rete, in coerenza a quanto annunciato dal G7 nel febbraio del 1995, si sono proposte di agevolare l’evoluzione della società dell’informazione, estendendo l’accesso alle tecnologie avanzate, realizzando un mercato competitivo, incentivando la realizzazione di reti e servizi generici paneuropei ([24]), potenziando la coesione economica e sociale, accelerando lo sviluppo di nuove attività in settori di crescita ([25]).
Una soluzione percorribile per limitare la diffusione dei contenuti illegali dell’informazione interattiva è la via dell’autoregolamentazione.
Prima di vedere più nel dettaglio di cosa si tratta, è doveroso introdurre una questione che si è affacciata sul mondo della Rete da pochissimo tempo: ci si chiede in più ambienti giuridici se il provider che fornisce l’accesso ad Internet possa essere considerato responsabile per gli illeciti commessi dai propri utenti.
Un codice di autoregolamentazione presuppone la risoluzione di tale problematica: difficilmente si giungerebbe a ritenere responsabile un gestore di rete per l’uso illecito del mezzo da parte degli utenti, ove non lo si reputi obbligato al controllo del flusso di dati immessi in Internet.
Attualmente nessuna norma scritta impone tale obbligo.
Ecco allora farsi strada la via della autoregolamentazione attraverso la codicizzazione della Netiquette ([26]).
Essa è un insieme di principi deontologici non scritti, osservati dalla quasi totalità degli agenti operanti in Internet, che regola in modo informale le pratiche in rete.
L’ipotesi della costruzione di un codice di autoregolamentazione dei providers di Internet è strutturata proprio sulla base della comune accettazione di tali principi.
Proposte di codificazione sono state esposte in occasione di diversi convegni sul tema: in particolare, al Forum multimediale La società dell’informazione, tenutosi a Roma presso la L.U.I.S.S. Guido Carli nel 1995, sono state esposte alcune considerazioni introduttive al progetto di codificazione della Netiquette.
Punti centrali di questo codice di autoregolamentazione risiedono nella considerazione della responsabilità del provider per comportamenti negligenti legati alla sicurezza della gestione del sistema, non anche per il contenuto dei dati immessi in rete.
Responsabilità del provider è prevista anche in ordine alle garanzie della identificabilità dell’utente, attraverso l’assegnazione di una password e di un login-name, oltre alla garanzia del controllo degli accessi e della protezione delle informazioni contro la pirateria informatica.
Resta, dunque, esclusa la regolamentazione delle informazioni commerciali interattive, essendo in via di principio escluso il controllo del provider su tutto quello che è veicolato in rete.
La ICC ([27]), interpretando le necessità degli operatori del Mercato Interno Europeo, ha raccolto i più significativi principi di etica professionale per la regolamentazione della comunicazione d’impresa interattiva e li ha riuniti, nel giugno 1996, nelle ICC Guidelines on Interactive Marketing Communications.
Esse
riflettono gli standards deontologici ed etici già contenuti nel Codice delle
pratiche pubblicitarie e negli altri documenti autoregolativi adottati dalla
stessa Camera di Commercio Internazionale ([28]).
I
vantaggi dei principi guida dell'autodisciplina camerale internazionale per la
comunicazione pubblicitaria interattiva sono noti da tempo
agli operatori del settore: infatti, l'adozione e l'accettazione di corpi
normativi di matrice non statuale, e la loro istituzionalizzazione, hanno avuto
l’effetto di un aumento di affidabilità, reputazione e fiducia nelle
transazioni economiche e nei soggetti che vi partecipano.
Il
presupposto per l'adozione di principi etici, con portata internazionale,
applicabili alla pubblicità della rete, consiste nella evidente
disparità esistente tra chi vende e chi compra in Internet. Inoltre, dal punto
di vista strettamente economico, l'introduzione di tali regole del gioco
apporta contributi in termini di efficienza interna al mercato europeo,
rendendo le pratiche pubblicitarie non sleali e favorendo la concorrenza.
Quel
grado minimo d'impegno etico giova sia ai consumatori che
alle imprese concorrenti.
Si
evidenzia, in modo particolare, la scomparsa dei proprietari dei media
in senso tradizionale e dei concessionari di spazi pubblicitari: il carattere
transfrontaliero del nuovo media interattivo ha portato alla creazione
di un unico mercato globale.
I
soggetti che si muovono in questo ambiente, i quali
sono portatori di specifici interessi ed obblighi economico-giuridici, hanno
riconosciuto che la predisposizione di principi guida di natura
autodisciplinare, e la loro osservanza, è posta anche nel loro interesse.
L'utilità
del codice, peraltro, dipende dalla sua ampia accettazione: a tal fine, in
vista della minimizzazione dei costi sociali dovuti alle pratiche sleali ed ingannevoli e della salvaguardia dell'efficienza stessa
del mercato globale, è necessaria la collaborazione delle associazioni di
categoria professionale con le associazioni a difesa dei consumatori.
Gli
obiettivi che si propone di conseguire la ICC
attraverso l'emanazione delle Guidelines, consistono
nell'incoraggiamento dell'utilizzo di Internet da parte dei consumatori, nella
tutela della libertà di espressione dei pubblicitari, e nel disincentivo della
regolamentazione frammentaria dei singoli Stati Membri.
Le Guidelines
sono precedute dalla enunciazione di alcuni principi
di base: l'osservanza degli altri codici promananti dalla Autorità camerale
internazionale ed il rispetto della generale prescrizione di legalità, decenza,
onestà, nonché veridicità della comunicazione commerciale.
La ICC, inoltre, si dispensa dal
prendere posizione in merito alle soluzioni di diritto interno relative
all'esercizio del controllo extra-territoriale della comunicazione commerciale
trasmessa da soggetti non cittadini e non residenti nello Stato, e ribadisce il concetto della
subordinazione dei codici autodisciplinari alla legge del singolo Paese,
prevalendo, in assoluto, la legge statuale sulle pratiche comunemente
accettate.
In
definitiva, essa non opera una scelta normativa di
criteri di diritto internazionale privato per la risoluzione dei conflitti tra
legge nazionale e leggi straniere applicabili.
Per quanto concerne l’autodisciplina in Italia, sicuramente interessante è l’iniziativa promossa dall’AIIP ([29]), dall’ANEE ([30]), dalla Telecom Italia, dalla Olivetti, dall’ALCEI ([31]) e da un folto numero di associazioni di utenti e consumatori ([32]): essa, infatti, ha portato ad una bozza di Codice di autoregolamentazione per i servizi Internet.
Partendo dal presupposto che Internet è una “rete mondiale”, “un sistema di comunicazione interattivo” ed uno “strumento flessibile” che permette di comunicare a molteplici livelli e con diverse modalità, il gruppo di lavoro ha ritenuta opportuna la predisposizione di misure volte “a limitare eventuali effetti dannosi che contenuti potenzialmente offensivi per alcune categorie di utenti e comportamenti illeciti possono arrecare” ed alla ricerca di una maggiore liceità e correttezza nel settore del commercio elettronico nonché della offerta di un intervento tempestivo contro gli abusi telematici ([33]).
Per quanto riguarda, invece, l’autodisciplina in Europa, oltre alla recente costituzione della prima Associazione Europea degli Internet Server Providers (EuroISPA), bisogna segnalare l’iniziativa dell’Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità (EASA), che comprende tutti gli Istituti di Autodisciplina in Europa.
L’EASA, nella convinzione che la pubblicità in ogni sua estrinsecazione rimanga tale e, dunque necessiti, in primo luogo, di regole puntuali autodisciplinari, ha sia stabilito i primi contatti con le categorie professionali del settore ([34]), sia varato un sito WEB (www.easa-alliance-org) per sviluppare ulteriormente la diffusione delle conoscenze dell’attività svolta.
ALBERTINI L., Le comunicazioni via Internet di fronte ai giudici: concorrenza sleale ed equiparabilità alle pubblicazioni a stampa (Tribunale di Napoli (ordinanza) 8 agosto 1997), in Giustizia civile, 1998, 259
BARBAGALLO I., Contratti di servizi informatici, di housing e di hosting e problematiche delle sponsorizzazioni su Internet, Milano 1998
COM (95) 382 def. del
19 luglio 1995
COM (96) 192 def.
del 8 maggio 1996
COM (96) 487 def. del 16 ottobre 1996, p. 4
Convenzione di Bruxelles del 27
settembre 1968
Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 9 luglio 1997 (Konsumentombudsmannen – De Agostani – Forlag Ab – Tvshop I Sverige AB.)
Decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513
Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50
Decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74
Garante Concorrenza e Mercato n.4820 del 27 marzo 1997 (Anammi versus Anaci)
Garante Concorrenza e Mercato n.5019 del 22 maggio 1997 (Sindacato nazionale agenti di Assicurazione versus Lloyd 1885 gruppo RAS)
LIGUORI L., Osservazioni in tema di tutela dei segni distintivi su Internet (nota a Trib. Pescara 9 gennaio 1997), in Dir. Inf., 1997, 962
MICCOLI M., Documento e commercio telematico, Milano, 1998
NAPOLI E. V., La Sponsorizzazione: nuovi modelli contrattuali...nelle reti informatiche…, Milano, 1998
PONTI F., Internet sta rivoluzionando il mondo dell’economia, in Italia Oggi, 17 Ottobre 1997, p. 1-2
Rapporto Bengemann del 26 maggio 1994 (l’Europa e la società dell’informazione globale. Raccomandazioni al Consiglio Europeo)
SANZO S., Attività di concorrenza sleale posta in essere mediante comunicazioni pubblicitarie via Internet: qualificazione degli atti, corresponsabilità del titolare del domain name e problematiche connesse (Tribunale di Napoli (ordinanza) 8 agosto 1997), in Responsabilità civile e previdenza, 1998, 173
STABILE S., Internet come veicolo pubblicitario (nota a Autorità garante della concorrenza e del mercato n.4820 27 marzo 1997), in Il diritto industriale, 1997, 1064
STABILE S., La pubblicità in Internet, in Il diritto industriale, 1997, 691
VALERIANI A., La direttiva 97/7/CE in materia di vendita a distanza e la pubblicità via Internet, in Dir. Inf., 1999, 189
[1] Cfr. PONTI, Internet sta rivoluzionando il mondo dell’economia, in Italia Oggi, 17 Ottobre 1997, p. 1-2.
[2] “Esplode la pubblicità in rete e anche la finanza, la farmaceutica e perfino le istituzioni scoprono che per fare proseliti il nuovo mezzo può essere più efficace della vecchia carta stampata o della TV. Nel 1998 gli inserzionisti delle trecento pagine online più visitate hanno speso 1.030 milioni di dollari, il 93% in più rispetto all’anno precedente.”, cit. www.emmegipress.it/spotweb/main.htm (25/11/99).
[3] Banner è un vocabolo inglese; esso può essere tradotto con il termine stendardo, bandiera, gonfalone. Esso, sotto il profilo pubblicitario, costituisce un richiamo per i consumatori e per quanti possono risultare interessati ai beni o servizi offerti da una determinata azienda.
[4] Cfr. NAPOLI E. V., La Sponsorizzazione: nuovi modelli contrattuali...nelle reti informatiche…, Milano, 1998, 47.
[5] Correntemente, si utilizza la forma espressiva sito per indicare ciò che più comunemente è chiamato home-page.
[6]
I Forum di discussione, o Newsgroups,
permettono a più individui con gli stessi interessi di comunicare e discutere
tra loro attraverso messaggi di posta elettronica depositati nel Forum stesso.
Per ogni specifico argomento di interesse esiste un
gruppo di discussione.
[7] COM (96) 487 def. del 16 ottobre 1996, 4.
[8] Cfr. la pagina Internet www.infonet.lecce.it/casarano/atrust1a.htm (25/11/99)
[9] “Internet è, e deve essere considerato, un veicolo pubblicitario.” Cit. Autorità garante della concorrenza e del mercato (27 marzo 1997, n.4820)
[10] Ambiente nel senso che Internet è una realtà diversa e nuova, uno spazio cibernetico, un luogo dove ci si incontra, dove si acquista e si vende, dove si scambiano informazioni importanti e non.
[11] Se si pensa che ogni computer fisicamente esistente può collegarsi alla rete Internet, e quindi contribuire ad ampliare la stessa, è possibile farsi un’idea di quanto essa sia sconfinata.
[12] Si ricordi che qualsiasi tipo di materiale pubblicato sulla rete Internet è necessariamente contenuto in un computer che è connesso alla rete.
[13] L’orientamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato lo conferma. Cfr. decisioni n.4820 del 27 marzo 1997 (caso Anammi versus Anaci), e n.5019 del 22 maggio 1997 (caso Sindacato nazionale agenti di Assicurazione versus Lloyd 1885 gruppo RAS).
[14] Il provider è una società che fornisce il servizio di accesso ad Internet.
[15] Vale a dire “via cavo”.
[16] Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e resa esecutiva in Italia con la legge 21 giugno 1971, n.104.
[17] L’espressione server indica il computer per mezzo del quale vengono pubblicate le informazioni su Internet.
[18] Konsumentombudsmannen – De Agostani – Forlag Ab – Tvshop I Sverige AB. Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 9 luglio 1997.
[19] Il Tribunale di Cuneo, 23 giugno 1997 è, tuttavia, di diverso avviso: “L’introduzione di informazioni su Internet ha natura di pubblicazione ai sensi dell’art. 12 legge n. 633/1941, con tutte le implicazioni giuridiche, civilistiche e penalistiche, che ne conseguono.”
[20] Rapporto Bengemann: L’Europa e la società dell’informazione globale. Raccomandazioni al Consiglio Europeo, 26 maggio 1994.
[21] Rispettivamente: COM (95) 382 def. del 19 luglio 1995; COM (96) 76 def. del 6 marzo 1996; COM (96) 192 def. del 8 maggio 1996.
[22] Associazione per la libertà nella comunicazione elettronica interattiva.
[23] Trattasi di un fenomeno ben noto con il nome di deregulation.
[24] Reti commutate transeuropee, garanzie di protezione e sicurezza delle informazioni, video on demand, introduzione della firma digitale.
[25] Come i servizi multimediali e dell’informazione elettronica, Cfr. STABILE S., La pubblicità in Internet, in Il diritto industriale, 1997, 698.
[26]
Netiquette sta per net più etiquette, vale a dire etichetta
della rete.
[27] La ICC, acronimo di Camera di Commercio Internazionale, è un’istituzione di arbitrato internazionale amministrato.
[28]
Trattasi di regole in materia di promozioni e sponsorizzazioni, vendite
speciali e concorsi a premio.
[29] Associazione Italiana dei Server Providers.
[30] Associazione Nazionale Editoria Elettronica.
[31] Associazione per la Libertà nella comunicazione elettronica interattiva.
[32] V. sito Internet www.aiip.it/codice.html
[33] Cfr. VALERIANI A., La direttiva 97/7/CE in materia di vendita a distanza e la pubblicità via Internet, in Dir. Inf., 1999, 211.